domenica 14 dicembre 2008

Isole - La Martinica 3

Alcuni mi dicono che ho gli occhi grandi. Io sono convinta che si siano ingranditi durante il mio soggiorno in Martinica. Ho guardato le persone, gli autobus, i taxi collettivi, le auto, le case, le piante, gli animali, persino l’aria. Vedere tutte queste realtà di cui avevo tanto letto è stato fondamentale. Per quanto le descrizioni possano essere accurate e i romanzi evocativi, gli odori, i rumori, le luci e le sensazioni di un ambiente si percepiscono contemporaneamente solo andandoci. Ad esempio, le narrazioni e le teorie imperniate sulla mangrovia come metafora hanno acquisito una risonanza ben più significativa per me dopo la conoscenza di questo ambiente naturale.

Non avendo un’auto, sono riuscita a sottrarmi a molte tappe turistiche obbligate, ma non all'escursione sulla Montagne Pelée, con un piede rotto e al seguito di una guida alsaziana come Schœlcher! Ovviamente poi ho ceduto anche allo zouk, il ballo tipico, la cui versione più praticata si chiama collé-serré, ovvero “strettincollato” (non voglio aggiungere altro). Ne sono diventata una grande fan. L’ho persino ballato su un battello che sfrecciava nella notte tra i pesci volanti ...

Contrariamente alle mie aspettative, il carnevale mi è sembrato davvero un’espressione di entusiasmo popolare. Il mercoledì delle ceneri in Martinica è l’ultimo giorno di carnevale, e bisogna vestirsi di bianco e nero, in segno di lutto per vaval, il fantoccio di carnevale. Nella confusione di colori, mi sono sentita parte della folla e ho sognato di rimanere per sempre in quella Martinica frenetica e strana. Poi invece me ne sono andata.

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